DELITTO GARLASCO | Svolta clamorosa: “Ecco cosa è successo”

Scossa forte nel fascicolo sul delitto di Garlasco. L’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è indagato dalla Procura di Brescia per corruzione in atti giudiziari. Perché? Secondo l’ipotesi accusatoria – va detto, tutta da provare – il magistrato sarebbe stato corrotto per favorire Andrea Sempio nell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi (13 agosto 2007).

Proroga e perizie: il calendario si allunga

Questa mattina, 26 settembre, la gip di Pavia Daniela Garlaschelli ha concesso altri 70 giorni per l’incidente probatorio. I periti nominati dal giudice – la genetista Denise Albani e l’esperto dattiloscopico Domenico Marchigiani – avevano chiesto tempo. Hanno ottenuto la proroga. Le parti torneranno in aula il 18 dicembre. Un rinvio tecnico, ma che pesa.

Le perquisizioni all’alba

All’alba blitz della Guardia di finanza e dei carabinieri tra Milano e Pavia: nove perquisizioni. Colpiti gli indirizzi di Venditti (che in passato archiviò due volte la posizione di Sempio) e le abitazioni dei genitori e degli zii di Andrea Sempio. Scatoloni di materiale portati via, pc e telefoni acquisiti. Un quadro che si muove. In fretta.

L’ipotesi dei pm di Brescia

Per i magistrati Claudia Moregola (pm) e Francesco Prete (procuratore), le indagini del 2017 su Sempio avrebbero presentato anomalie gravi:

  • passaggi “rilevanti” delle intercettazioni ambientali non trasmessi dalla pg;
  • un appunto manoscritto – sequestrato a maggio – con la frase: «Venditti gip archivia x 20.30 Euro»;
  • movimenti di contante (prelievi) di famiglia incrociati nel periodo caldo delle verifiche.

La cifra? Nel decreto si parla di “20/30 mila euro”. Cifre più alte emergerebbero però dagli accertamenti del Gico della Gdf. In realtà, siamo ancora nel campo delle contestazioni, non dei fatti accertati.

L’appunto e le domande “in anticipo”

Stando alla ricostruzione accusatoria, quell’appunto risalirebbe ai primi di febbraio 2017, prima che Sempio fosse convocato. E qui il passaggio più delicato: Sempio avrebbe saputo in anticipo le domande dell’interrogatorio del 10 febbraio. Subito dopo, in auto, una ambientale registra il dialogo tra Andrea e il padre Giuseppe: si parla di aver “cannato” una risposta sullo scontrino (l’alibi) e della “sensazione” che gli inquirenti fossero “dalla nostra” dopo i quesiti sulla localizzazione del cellulare. Tasselli che i pm mettono in fila.

Le difese: «Accuse gravissime» – «Era un preventivo di spese»

La controparte respinge. Antonio De Rensis, legale di Alberto Stasi, va giù duro: «Ipotesi talmente grave che un avvocato fatica persino a commentare. I magistrati dimostreranno la fondatezza, ma la gravità è inaudita. L’indagine che portò Stasi in carcere fu segnata da errori e orrori; oggi si aggiunge, non si toglie, e quando si aggiunge si sbaglia meno».

Dal fronte Sempio, l’avvocato Massimo Lovati abbassa i toni: «Sono sereni, collaborano. Pc e telefonini si controllano, si verbalizza. Quelle cifre – 20 o 30 mila euro – sembrano troppo esigue per ipotizzare la corruzione di un professionista del genere». Poi una lettura alternativa dell’appunto: «Per noi era un preventivo di spese legali». Versioni opposte. Il tribunale farà i conti.

«Caso Mbemba» all’OM? Il parallelo che fa discutere (ma qui siamo a Pavia)

In controluce spunta un parallelo che circola spesso nel calcio, qui adattato al giudiziario: il “caso Mbemba” dell’OM – un big messo ai margini nonostante l’emergenza in reparto. Un raffronto evocato per dire: attenzione a non costruire un altro caso ingestibile. Metafora azzardata? Forse. Ma rende l’idea del clima.

Cosa resta, adesso

Resta un fascicolo che si riapre con accuse pesantissime e un’indagine che, se confermata, ridisegnerebbe la storia processuale del 2007. Resta una proroga che sposta tutto a dicembre. Resta – soprattutto – la presunzione d’innocenza per tutti gli indagati.

Il resto sono carte che si accumulano in Procura, intercettazioni da decifrare, perizie da chiudere. E una città, Garlasco, che torna suo malgrado al centro della cronaca. Di nuovo. Beh, a distanza di diciotto anni, il caso continua a chiedere risposte. E lo fa alzando la voce.

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