L’aumento automatico di tre mesi sull’età per la pensione di vecchiaia previsto per il 2027 potrebbe essere fermato nella prossima Manovra, ma non in modo universale. La misura pesa sui conti, perciò l’esecutivo sta valutando soluzioni per ridurre l’impatto e, non a caso, nel Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) non c’è alcun riferimento esplicito a un congelamento. Lo scrive il Messaggero, che elenca alcune piste allo studio.
Pensioni, arrivano novità pesantissime in Italia
L’ipotesi principale riguarda una sospensione selettiva: lo “scalino” dei tre mesi verrebbe disattivato solo per chi nel 2027 avrà già compiuto 64 anni. In pratica, per questa fascia lo slittamento non si applicherebbe. Viceversa, chi avrà 62 anni—anche con 42 anni e 10 mesi di contributi—subirebbe l’aumento trimestrale. Una scelta che restringe molto la platea e, secondo le prime valutazioni, abbassa il costo annuo da circa 1 miliardo a 300 milioni.
Sempre secondo il Messaggero, la Ragioneria generale ha avanzato una variante più graduale: far scattare nel 2027 un solo mese di innalzamento dell’età pensionabile. La stessa Ragioneria ha inoltre riacceso il tema dei coefficienti di trasformazione, il moltiplicatore con cui si calcola l’assegno sulla base dei contributi e che rappresenta un ulteriore meccanismo di stabilizzazione legato alla maggiore aspettativa di vita.
Il punto è tecnico ma cruciale: se si cancellasse l’adeguamento all’aspettativa di vita senza ritoccare i coefficienti, l’importo delle pensioni, nei calcoli della Ragioneria, subirebbe una riduzione di circa il 9%.